giovedì 27 febbraio 2014

L’ANTICA CONFETTERIA ROMANENGO...e la mia splendida città!

Ciao a tutti! 


Oggi niente ricetta, ma quattro chiacchere per raccontarvi di un luogo in cui il tempo sembra essersi fermato, in cui i segreti dell’arte cioccolatiera vengono conservati immutati dal lontano 800...in cui, la grande ricchezza è affidata alla manualità e al sapere di persone vere e non all’automazione tanto di moda in questi tempi, in cui si fa una grande attenzione agli ingredienti che vengono accuratamente scelti, conservati con estrema attenzione ed utilizzati nel momento migliore per esaltare al massimo le loro caratteristiche...insomma vi voglio raccontare di una realtà che meravigliosamente si distingue anche molto al di fuori delle mura della nostra città, e che è apprezzata proprio per questa sua artigianalità...




Ma andiamo per ordine...la settimana scorsa sono stata invitata da Alessandra (qui il suo racconto della giornata, andate a dare un’occhiata, lei ha fatto un perfetto reportage corredato di foto) a partecipare, insieme ad altri foodblogger, al primo evento organizzato dalla AIFB che prevedeva, nella prima parte del pomeriggio, la visita del laboratorio dell’Antica Confetteria Romanengo, fondata nel capoluogo ligure nel 1780, e poi a seguire una visita guidata nel centro storico della nostra città, Genova.


Be’ sono stata estremamente felice di poter accettare l’invito (naturalmente dopo un consulto di famiglia, infatti ho dovuto chiedere a mia mamma se poteva occuparsi dei tre nanetti quel pomeriggio...e per fortuna ne è stata felice!!!) e armata di macchina fotografica (che poi non ho utilizzato...prometto che la prossima volta mi impegnerò e vincerò tutte le mie paure...o ancora meglio mi porterò direttamente il fotografo) sono partita per questo bellissimo incontro!!!



Come vi ho accennato...non ho fatto fotografie (e non sapete quanto me ne rammarico in questo momento...) così appena arrivata a casa, ho chiesto al fotografo di fare delle foto ai prodotti che ci sono stati donati durante la visita al laboratorio. Gli scatti che vedete in questa pagina sono proprio il tentativo del fotografo di rendere l’artigianalità di questi prodotti, e al tempo stesso, utilizzando una scatolina di alluminio che apparteneva a mio nonno, voler sottolineare il tempo che si è fermato...



Appena arrivati al laboratorio di viale Mojon, siamo stati accolti da Pietro Romanengo e da lui stesso siamo stati accompagnati in un viaggio alla scoperta della figura del confiseur-chocolatier che fondeva in un’unica professione l'arte della canditura, della confetteria e del cioccolato. Dalle sue parole traspare la passione con cui tutto questo da molti anni viene portato avanti con le stesse tecniche dell’ottocento, senza alcun automatismo, scegliendo materie prime di sempre ottima qualità e lavorando solo prodotti freschi di stagione, infatti noi abbiamo potuto assaggiare dei mandarini canditi al momento, ancora caldi...semplicemente fantastici...una vera esplosione di gusto. E proprio questo aspetto fa della Confetteria Romanengo, un’eccellenza nel mondo della confetteria di oggi, la scelta di non cedere all’automazione è stata per loro assolutamente vincente, lo stesso Pietro Romanengo asserisce che se avessero fatto la scelta di trasformarsi in una piccola industria probabilmente oggi forse non sarebbero qui per raccontarlo.


Appena varcata la soglia del laboratorio, si viene avvolti da profumi inebrianti che a seconda della zona in cui si viene accompagnati cambiano e introducono la meraviglia di cui lì a poco si vedrà la realizzazione. Sì perché sempre accompagnati e coccolati dal padrone di casa ci sono state mostrate alcune delle tecniche con cui vengono preparati i prodotti che poi verranno venduti nello storico negozio di piazza Soziglia, dove un ingresso monumentale in marmo scolpito introduce all’elegante spazio interno, voluto dal fondatore Stefano a imitazione delle confetterie parigine.


Dopo una prima presentazione, siamo stati accompagnati nella zona in cui vengono preparati i canditi: una grande stanza per lo più occupata da vasche disposte su tre livelli dove viene immersa la frutta per il processo di canditura. La frutta rimane immersa in queste vasche in uno sciroppo di zucchero, lo zucchero penetra nella frutta, più lungo è il periodo di riposo e maggiore sarà grado di saturazione in modo da impedire così il proliferare di muffe. A seconda del tipo di frutta questo periodo varia molto e una volta terminato la frutta viene glassata cioè gli viene data una “camicia” di zucchero che impedisce al candito di seccare. Quest’ultimo passaggio naturalmente viene fatto da una persona, a mano: lo zucchero viene scaldato e portato ad una giusta temperatura che viene determinata senza l’aiuto di un termometro ma solo bagnando una schiumarola con lo zucchero e soffiando attraverso i buchi...se si formano delle belle bolle grandi...la temperatura è perfetta perché i mandarini vengano glassati...anche questa operazione fatta con movimenti sicuri e precisi, sembrano quasi casuali, ma tutti necessari ad una perfetta realizzazione del prodotto.
Non posso spiegarvi la meraviglia di un mandarino candito appena fatto, ancora caldo... 



Dopo la canditura siamo passati nella zona del cioccolato, e qui incontriamo le uniche macchine del laboratorio: un mescolatore a pietra che appunto mescola il cacao con lo zucchero scaldando il tutto col fuoco ed un raffinatore che altro non è che una “conca” che sbatte con una pietra la massa così ottenuta per 72 ore, fino a trasformarla in cioccolato "fondente", cioè lavorabile. Qui abbiamo avuto l’occasione di assaggiare il cioccolato di una volta, il “cioccolato santè” o “cioccolato della salute” ottenuto dal cacao puro. Dopo essere raffinato il cioccolato viene temperato e poi lavorato per fare tutto ciò che si fa col cioccolato...le uova oppure tutte le altre mille forme tipiche della Santa Pasqua oppure in altri periodi i cioccolatini...e qui la manualità continua a farla da padrona perché ogni cioccolatino, ogni uovo, ogni gallinella sono fatti con singoli stampi da una persona (in particolare da una cara amica Enrica...sì perché qui lavorano due ragazze di Murta,il nostro paese, la prima Enrica ci ha accolto insieme al padrone di casa e la seconda Enrica ancora lavora il cioccolato) che lavora di fronte ad una meravigliosa cascata continua di cioccolato riempiendo e vuotando stampi, aspettando che si asciughino per poi accoppiarli per formare ad esempio un soggetto tridimensionale...proprio come quando noi li facciamo in casa!!!



Con un po’ di dolore (lasciare quella cascata di cioccolato è stata dura!!!) siamo saliti al piano superiore, dove abbiamo assistito alla preparazione di alcuni dolcetti di pasta di mandorle in particolare dei raviolini di marzapane ripieni di confettura di albicocche...fatti tutti rigorosamente a mano e, lo stesso, tutti identici...così come per i canestrellini sempre di marzapane e i tipici quaresimali...poi alla lavorazione del fondente di zucchero, con movimenti velocissimi abbiamo assistito alla creazione di alcune uova...incredibile veder con che maestria si lavori una massa con temperature così elevate...

Ed infine abbiamo assistito alla lavorazione dei confetti e anche qui la fa da padrone la manualità e la capacità di una persona, basti pensare che per l’intero ciclo con cui vengono preparati i confetti sia essi di mandorla o pistacchio ci vogliono almeno tre giorni di confettatura in cui le varie tipologie vengono fatte continuamente ruotare ed una persona aggiunge uno sciroppo di zucchero solo dopo che il precedente è stato assorbito... 



Questo è solo una piccola parte delle squisite delizie che fanno bella mostra di sè nelle vetrine del negozio, nei vari periodi dell'anno: le violette candite, lo sciroppo e la marmellata di rose, la conserva di manna, l'acqua di fiori d'arancio, le gocce di rosolio (quelle delle foto!), le scorzette candite, i marron glacées, i fondant....e mille altri prodotti eccellenti che potrete ritrovare nel loro storico negozio.


Inutile dirvi che sono rimasta entusiasta di questa giornata e se vi capita di passare da Genova vi consiglio di andare provare, nel loro negozio di piazza Soziglia nei caruggi, le meraviglie che escono da questo laboratorio...

Dopo la visita al laboratorio, la giornata è continuata con una visita alla nostra bella città, accompagnati da Paola una guida turistica, alla ricerca delle tracce del cibo tipico della nostra città, fra botteghe storiche e toponomastica.
Un secondo viaggio nel tempo alla scoperta di tutte quelle botteghe che hanno fatto la storia della nostra città, come il mercato Orientale, un ricco mercato coperto che si trova nel cuore della città a metà della centrale via XX settembre e, il cui nome è dovuto alla sua posizione e non alla provenienza della merce venduta, come alcuni erroneamente sostengono. Oppure addentrandoci nei caruggi, fino a vico della Casana, l’Antica Tripperia La Casana dove si arriva dopo essersi fatti trasportare dal profumo di questo tipico piatto genovese che si spande nei caruggi. Un negozio che ha più di duecento anni dove nelle ore tarde del pomeriggio ribollono pentoloni di rame su antichi fuochi, il tutto circondato da piastrelle bianche e un tavolo di marmo circondato da sgabelli.
E via via proseguendo nei caruggi sempre alla scoperta di questi preziosi angolini fino ad arrivare a Sottoripa, la zona antistante al porto che è ricca di queste tipicità.

Naturalmente durante questa passeggiata non si è dimenticato di ammirare i ricchi palazzi nascosti negli stretti caruggi, le chiese e le tipiche edicole votive. Un piccolo tempietto che ospita la statua della Madonna, oppure in alcuni casi l’episodio della vita di un santo, oppure ancora un dipinto raffigurante dei Santi o la Sacra Famiglia. Esse sono vere e proprie opere d'arte incastonate come pietre preziose negli angoli degli antichi palazzi dei caruggi.

Se vi capita di passare per Genova ad esempio al sabato pomeriggio, dalle guide di Genova vengono organizzate visite guidate per condurvi alla scoperta dei nostri intricati caruggi...sul loro sito troverete tutte le indicazioni necessarie...

Sapete...mi sono divertita e se siete arrivati a leggere fin quaggiù vi ringrazio molto...è stato molto interessante e sono orgogliosa di avervi potuto presentare qualche eccellenza della mia bella città!

Spero di essere riuscita a rendere la meraviglia di ciò che ho visto!!!


Alla prossima...


 

martedì 25 febbraio 2014

PANINI AI CEREALI...a lievitazione naturale.


Ciao a tutti!

Per partecipare al contest di Cucina semplicemente, di cui vi parlavo nello scorso
post, dovevamo utilizzare la farina Antiqua macinata a pietra tipo 2...insieme a questo tipo di farina nel pacco che ci è stato inviato per partecipare al contest c’erano anche la farina di tipo 1, farina integrale e farina ai cereali...


La regola prevedeva che venisse utilizzata la farina tipo 2 ed, avendo a disposizione anche una favolosa farina ai cereali per la quale ho una vera passione, in questa nostra seconda proposta non ho potuto resistere e ho utilizzato anche una parte di questa farina...ero alla ricerca di un panino che potesse essere utilizzato indifferentemente per le colazioni, per le merende ma anche per accompagnare un pasto, quindi un panino morbido che fosse facile da farcire...



E così sono nati questi morbidissimi panini ai cereali, caratterizzati da una mollica con un colore leggermente ambrato tipico della farina Antiqua macinata a pietra tipo 2 (che è presente anche nella farina ai cereali essendo quest’ultima composta da un mix di farina tipo 2 addizionata a soia in granella, farina di segale integrale, semi di sesamo, fiocchi di avena, semi di lino, farina di mais, semi di miglio e fiocchi d'orzo) ed arricchita da piccoli semini croccanti...



Questo mix di farine ha dato origine ad un panino molto morbido, ideale per le colazioni o per le merende spalmato con la confettura e un velo di burro ma che è anche golosissimo farcito con salumi, formaggio o quanto più preferite...


PANINI AI CEREALI...a lievitazione naturale.



INGREDIENTI:


  • 300 g farina Antiqua tipo 2 macinata a pietra
  • 200 g farina ai Antiqua ai cereali
  • 260 g acqua circa
  • 150 g pasta madre rinfrescata
  • 50 g olio extravergine di oliva
  • 10 g sale

PROCEDIMENTO:


Ho rinfrescato la pasta madre una prima volta la sera prima (lasciandola lievitare tutta la notte, quindi triplicata) e una seconda volta alla mattina (lasciandola lievitare solo fino al raddoppio, circa 4 ore).


In una ciotola mettete l’acqua e sciogliete il lievito madre spezzettato. Aggiungete lentamente le farine e, continuando a mescolare, fate assorbire l’acqua completamente. Aggiungete ora l’olio a filo sempre impastando. Quindi per ultimo aggiungete il sale spolverando l’intera superficie dell’impasto e continuando ad impastare per farlo assorbire. Lasciate riposare qualche minuto e fate un giro di pieghe tipo stretch and fold (a raggiera: allungate una porzione di impasto e riportatela al centro dell’impasto, girate la ciotola leggermente e ripetete lo stesso movimento con un’altra porzione di impasto, via via fino a completare il giro). Lasciate riposare 15 minuti e fate un altro giro di pieghe. Altri 15 minuti e ripetete ancora un ultimo giro. 




A questo punto coprite con una seconda ciotola e lasciate riposare per 2 ore l’impasto (puntatura). Trascorse le 2 ore, trasferite la ciotola coperta con pellicola in frigo per 8-10 ore (una notte intera), passaggio che permette di avere una perfetta maturazione dell’impasto.
La mattina successiva, fate acclimatare l’impasto per 2 ore fuori dal frigo. Quindi mettete in forma i panini. 



Lasciateli lievitare ben distanziati in una teglia per 3/6 ore fino al loro raddoppio. Una volta lievitati, spennellate la superficie di ogni panino con un’emulsione di olio extravergine di oliva e acqua (in parti uguali) e cospargete parte dei panini con semi di sesamo e parte con fiocchi d’avena. 


Preriscaldate il forno a 200°C mettendo un pentolino pieno di acqua sul fondo, quindi al momento di infornare abbassate la temperatura a 180°C. Infornate la teglia con i panini nel forno nel ripiano più basso. Dopo 15 minuti quando è avvenuto lo sviluppo, trasferite la placca nel ripiano centrale e continuate la cottura per altri 15-20 minuti.
Sfornate e lasciate raffreddare completamente su una gratella.


Buon appetito!




Con questa ricetta partecipo al contest indetto da “Cucina Semplicemente” in collaborazione con Farina Antiqua macinata a pietra:

http://cucinasemplicemente.it/contest/riscoprire-lantiqua-tradizione-pane/





 

venerdì 21 febbraio 2014

PANE DI POLENTA


Ciao a tutti! 

Adoro il pane...pensarlo...preparare gli ingredienti...impastarlo... adoro l’attesa durante la lievitazione con quel po’ di brivido per l’incertezza che tutto avvenga nel migliore dei modi... 



Vederlo crescere minuto dopo minuto, significa sentire la propria soddisfazione crescere con lui...insomma una sorta di magia che ogni volta si ripete...sembra impossibile come basta variare di poco i soliti ingredienti...acqua, farina, lievito...o la metodologia di preparazione e si finisce con l’ottenere un risultato sempre diverso...una vera magia...
 

E quindi vista questa mia voglia di imparare il più possibile su questa magia e un Pupetto scalpitante nel frigo...non potevo non partecipare al contest del blog “Cucina semplicemente” in collaborazione con le farina Antiqua che prevede l’uso della farina Antiqua macinata a pietra di tipo 2.  


Grazie alla macinatura a pietra, la farina Antiqua conserva tutti gli elementi nutrizionali del grano grazie alla presenza della crusca e del germe contenuti nello strato proteico del chicco che aderisce alla crusca. I grani utilizzati provengono da 45 aziende agricole riunite in un consorzio di garanzia che seleziona solo terreni lontani da zone industriali, centri abitati e autostrade nel rispetto di un disciplinare di produzione per poter così ottenere grani a residuo zero. La particolarità e l’unicità delle Farine Antiqua si colgono all’apertura del sacco: la farina ha un profumo di grano inconfondibile, risulta finissima e leggermente ambrata.
Durante la lavorazione l’impasto risulta color nocciola, ha un’ottima capacità di assorbire i liquidi e un profumo intenso.
Nella cottura il prodotto ottenuto con la Farina Antiqua si distingue per la colorazione brunita della crosta e della mollica.  



Per la nostra prima ricetta ho pensato ad una ricetta di Emmanuel Hadjiandreou, il pane di polenta, nella quale ho modificato qualcosina tra cui la quantità di lievito madre che mi sembrava un po’ eccessiva. Il risultato è un pane rustico, di colore tendente al giallo per la presenza della polenta e con una crosta scura molto croccante. Perfetto per spalmarci al mattino la marmellata durante la colazione ma anche per accompagnare un pasto...inoltre ha anche una discreta durata, si conserva perfettamente per 6 giorni (oltre, la mia sperimentazione, non è arrivata!!!).  



PANE DI POLENTA 

INGREDIENTI:
  • 300 g farina Antiqua tipo 2
  • 150 g polenta cotta (da circa 50 g farina di polenta)
  • 150 g lievito madre rinfrescato la sera precedente
  • 180 ml acqua tiepida
  • 20 g olio extravergine di oliva
  • 8 g sale
  • altra farina di mais per la finitura

PROCEDIMENTO:


Preparare la polenta con circa 50 g di farina di mais. Quando la polenta sarà cotta e ancora calda mettetene 150 g in una ciotola, unite l’acqua e mescolate. A questo composto unite il levito madre spezzettato e lavoratelo per farlo ben amalgamare, unite l’olio continuando a mescolare. 



A questo punto unite la farina e il sale, mescolate fino ad avere un impasto formato ma non ancora omogeneo. 


Coprite la ciotola in cui state lavorando e lasciate riposare l’impasto 15 minuti. Trascorso il tempo di riposo riprendete l’impasto e date 4 giri completi di pieghe tipo stretch and fold a distanza di 15 mninuti tra un giro completo l’altro, cioè pizzicate una parte di impasto con una mano tiratela verso l’esterno e riportatela al centro dell’impasto, ruotate leggermente la ciotola e ripetete l’operazione, ruotate ancora e ripetete, fate questo movimento tante volte necessarie a completare il giro. Lasciate riposare 15 minuti e ricominciate.




Finiti tutti i giri di pieghe lasciate riposare l’impasto coperto per 1 ora.
Spolverate la spianatoia con farina di polenta, versateci l’impasto, date una forma rotonda, spolverate ancora di abbondante farina di polenta e mettete a lievitare in un cestino da lievitazione anch’esso spolverato con abbondante farina di polenta (o in un colapasta coperto da un canovaccio pulito e spolverato di farina di polenta).



Fate lievitare l’impasto fino al raddoppio, a me ci sono volute 6 ore.
Fate scaldare il forno con la pietra refrattaria a 240°C. Quando il pane ha raggiunto il raddoppio di volume, rovesciatelo con delicatezza su una pala per il pane (se non utilizzate la pietra refrattaria potete mettere il pane direttamente su una teglia). Con una lametta incidete la superficie del pane con delle linee parallele. Infornate facendolo scivolare dalla pala direttamente sulla pietra, e versate dell’acqua su una teglia vuota lasciata sul fondo del forno per aumentare l’umidità.
Abbassate la temperatura a 220°C e lasciate cuocere per 30 minuti, attenzione a che non dori troppo la superficie. Continuate poi la cottura ancora 5 minuti ma con lo sportello del forno leggermente aperto (tenetelo aperto ad esempio inserendo un mestolo nell'apertura) in modo che il pane asciughi perfettamente.
Lasciate raffreddare completamente il pane su una gratella. 



Buon appetito!


Con questa ricetta partecipo al contest indetto da “Cucina Semplicemente” in collaborazione con Farina Antiqua macinata a pietra:


http://cucinasemplicemente.it/contest/riscoprire-lantiqua-tradizione-pane/









 

mercoledì 19 febbraio 2014

ZUPPA DI CECI.... "zemin de çeixei" (ceci in zimino)


Ciao a tutti!

Eccomi qui con la mia seconda proposta per The Recipe-tionist, quindi anche questa ricetta è copiata dalla carissima Carla Emilia di “Un’arbanella di basilico”.

Ho scelto, anche in questo caso, un altro classico della cucina ligure, i ceci in zimino o meglio zemin de çeixei, e ho fatto un altro tuffo nel passato perché anche questa ricetta era sempre preparata per tutti dalla nonna Milia....quanti anni son passati...quante cose son cambiate...posso solo immaginare quanto adorerebbe i miei nanetti...ne sarebbe totalmente rapita, era una donna sempre sorridente, positiva e adorava letteralmente i bambini...inutile dire che da bambina non mi ricordo un suo solo rimprovero!!!

La preparazione di questa ricetta, rispetto a quella tradizionale della mia famiglia, è leggermente diversa, infatti noi non mettiamo i funghi, ed anch’io nella mia versione non li ho messi avendo a disposizione, secondo le regole del gioco, una sola sostituzione e poi ci sono alcune piccole differenze nella preparazione vera e propria infatti, noi le bietole le mettiamo a cuocere nel soffritto aggiungendo via via acqua e poi i ceci con l’acqua in cui li abbiamo cotti. Nella versione di Carla Emilia, le bietole si aggiungono con i ceci ed io, avendo fatto già una sostituzione, nella mia versione ho rispettato il suo procedimento.


Il termine zimino indica il tipo di cottura che viene adottata.

La cottura in zimino è tipica della cucina ligure e prevede l'uso delle bietole che possono accompagnare legumi e cereali, ma anche polpi, seppie e perfino gamberi. 

 

ZUPPA DI CECI...zemin de çeixei (ceci in zimino)

 

INGREDIENTI:

400 g di ceci
1 cipolla
1 carota
1 gamba di sedano
20 g di funghi secchi (nella mia versione non li ho messi)
1 bicchiere d'olio EVO
1 cucchiaio di concentrato di pomodoro
2 mazzi di bietole
sale

PROCEDIMENTO:
Mettete a bagno i ceci per 24 ore. Poi lessateli per almeno due ore (nella pentola a pressione sono sufficienti 45 minuti) . Tritate carota, cipolla e sedano e rosolateli nell'olio, unite il concentrato di pomodoro diluito in poca acqua calda. Fate cuocere per dieci minuti circa. Nel frattempo pulite le bietole, lavatele, tagliatele a listerelle e unitele ai ceci, unite anche il soffritto e cuocete ancora per 30-40 minuti. Regolate il sale e servite.


Buon appetito!

 

Con questa ricetta partecipo al contest “The Recipe-tionist” di Flavia del blog “Cuocicucidici” che vede per febbraio Recipe-tionist Carla Emilia di “Un’arbanelladi basilico”:

http://cuocicucidici.blogspot.it/2014/01/the-recipe-tioist-di-febbraio-e.html

 

 

lunedì 17 febbraio 2014

PANISSETTE FRITTE....ovvero street food zeneise!!!


Ciao a tutti!

Col piatto di oggi...torno bambina!!!
Come sicuramente vi ho già raccontato, sono cresciuta insieme ai nonni materni, infatti con la mia famiglia abitavamo nella stessa casa dei nonni, e vi erano alcuni piatti tipici della cucina ligure che per tradizione preparava sempre la nonna Milia...ne preparava quantità industriali perché dovevano bastare per tre famiglie, la sua e quella delle sue due figlie!!!

Uno di questi piatti era la Panissa, una polenta di farina di ceci che viene lasciata raffreddare nei piatti fondi per poi mangiarla semplicemente condita con olio, aceto e sale (nella mia famiglia!) tagliandola a quadretti oppure tagliata e listarelle e poi fritta, creando quello che al giorno d’oggi potremmo definire come uno Street food...ma zeneise...



E’ una preparazione tipica delle friggitorie genovesi di Sottoripa, una vasta area del centro storico genovese a ridosso del porto...oggi una zona turistica, un tempo luogo necessario ai commerci che si sviluppavano lungo il fronte del porto...dove è facile sentirne il profumo inconfondibile diffondersi nell’aria...


L’occasione di preparare questa ricetta tipicamente ligure è il contest “The Recipe-tionist” di Flavia del blog “Cuocicucidici” . Per chi non conoscesse le regole, come ci spiega Flavia: “Ogni mese (ed esattamente dal 5 al 25 di ogni mese , escluso Agosto) ci sarà un “THE RECIPE-TIONIST , che come il receptionist dei più grandi alberghi ci accoglierà a braccia aperte , con uno smagliante sorriso nel suo blog, ci darà la chiave per attingere una sua ricetta (a nostro piacere) che riprodurremo praticamente fedelmente, ci potremo sbizzarrire con le presentazioni ed è concessa solo la sostituzione o aggiunta (o anche una sola sottrazione) di UN SOLO INGREDIENTE. Il vincitore diventerà "THE RECIPE-TIONIST" del mese successivo.”


Ecco tutto questo parlare per dire che The Recipe-tionist per il mese di Febbraio è la nostra cara amica Carla Emilia del blog “Un’arbanella di basilico”...non potevamo non partecipare!!! Così ho preso la palla al balzo ed ho scelto, tra le sue numerosissime e ottime ricette, due ricette tipiche della nostra regione...è vero non ve l’ho detto, Carla Emilia è genovese come noi...la prima è quella di oggi, le panisette che ho lasciato assolutamente invariate, e la seconda...be’ ve lo dirò la prossima volta!

 

PANISSETTE FRITTE


  • 300 g di farina di ceci
  • 1 lt acqua tiepida
  • olio, sale, pepe

PROCEDIMENTO:


Stemperate la farina in un litro d'acqua tiepida, mescolando bene con una frusta per non fare grumi. Fate riposare il composto per almeno un'ora. Mettete a cuocere in una pentola antiaderente e mescolate in continuazione per evitare che si attacchi. Ci vorranno 40-45 minuti (ma anche meno!!!). Versate la polentina in un piatto piano (per me un piatto fondo!!!!) unto leggermente d'olio e fate rassodare per tutta la notte. Tagliate la panissa a bastoncini e friggete in olio profondo.



Scolatela su carta assorbente, salate, pepate e servite subito.


Buon appetito!


Con questa ricetta partecipo al contest “The Recipe-tionist” di Flavia del blog “Cuocicucidici” che vede per febbraio Recipe-tionist Carla Emilia di “Un’arbanella di basilico”:

http://cuocicucidici.blogspot.it/2014/01/the-recipe-tioist-di-febbraio-e.html